Finanziaria 2008: ancora un'impennata delle spese militari
L’Unione si impegna “a sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per armamenti” scrivevano Prodi e i suoi alleati nel “Programma di governo 2006-2011”. Eppure, nella Finanziaria 2008, che il Parlamento ha appena cominciato a discutere, queste spese non solo non diminuiscono, ma aumentano sensibilmente: per i grandi sistemi d’arma (quindi non le dotazioni ordinarie delle Forze Armate che pure sono previste, ma per aerei caccia e navi da guerra), l’Italia spenderà più di un miliardo e 200 milioni di euro, e si impegna a spenderne almeno altri cinque nei prossimi tre anni. Ma non solo quella per i sistemi d’arma: è l’intera spesa militare (cioè il funzionamento ordinario delle quattro Forze armate, le missioni all’estero e il finanziamento pubblico al comparto militar-industriale) che, secondo la legge Finanziaria varata dal governo, dovrebbe crescere di oltre l’11% rispetto allo scorso anno – quando già c’era stato un incremento dell’11,3% rispetto al 2006 (v. Adista nn. 83/06 e 2/07) –, aumentando di oltre 2.341 milioni di euro e raggiungendo la cifra record di 23 miliardi e 352 milioni di euro (di cui 20.928 milioni dal bilancio preventivo della Difesa e 2.424 aggiunti dalla Finanziaria).
A lievitare è soprattutto la “funzione Difesa” – le spese per il mantenimento di esercito, aeronautica e marina – che assorbe buona parte del finanziamento complessivo, oltre 15 miliardi di euro. E il 60% di questa cifra viene impiegato per pagare gli stipendi del personale. “Il problema nasce quando, con il congelamento della leva obbligatoria ed il passaggio a Forze Armate esclusivamente reclutate su base volontaria – si legge nel rapporto della campagna Sbilanciamoci sulla Finanziaria 2008 (v. Adista n. 73/07) – si è deciso, per non scontentare troppo i vertici militari, di portare le nostre Forze armate ad una consistenza di 190mila uomini”, dei quali attualmente oltre 100mila sono ufficiali e sottoufficiali. Un esercito, quindi, in cui i ‘comandanti’ sono più numerosi dei ‘comandati’, tanto che lo stesso Capo di Stato Maggiore della Difesa, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, in un’audizione alla commissione Difesa della Camera, ha ammesso che nelle Forze Armate italiane ci sono 39.120 marescialli e 2.813 ufficiali in più rispetto a quelli stabiliti.
Quasi 5 miliardi e mezzo di euro vengono destinati ai carabinieri – che dall’ottobre del 2000 sono la quarta Forza Armata italiana, soprattutto per volontà dell’ex premier Massimo D’Alema – e i restanti 3 miliardi, tolte alcune spese ‘secondarie’ (come il pagamento delle pensioni provvisorie o l’accisa sui carburanti), vengono impiegati per il finanziamento delle missioni militari all’estero, per i sistemi d’arma e per l’industria della Difesa. Sono 27, attualmente, le missioni all’estero (in 19 Paesi), che coinvolgono quasi 8mila militari e che costeranno, in base a quanto previsto dalla Finanziaria, 1 miliardo di euro. Le spese sono assorbite soprattutto dalle tre missioni principali: Isaf in Afghanistan, 2.290 militari e 310 milioni di euro di costo; Unifil in Libano, 2.400 soldati e 380 milioni di euro; infine la missione nei Balcani, dove ci sono ancora 2.600 militari per un costo di 190 milioni di euro.
Per quanto riguarda le politiche di riarmo, l’Italia partecipa a due grandi programmi internazionali, finalizzati alla costruzione di aerei da guerra: il caccia europeo Eurofighter (consorzio formato da Italia, Germania, Gran Bretagna e Spagna) e il cacciabombardiere Nato Joint Strike Fighter (consorzio Italia, Usa, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Canada, Danimarca, Norvegia, Australia e Turchia). Per l’Eurofighter – di cui l’Italia acquisterà 121 esemplari – la Finanziaria 2008 stanzia 968 milioni di euro (e, fino al 2012, l’impegno di spesa previsto è di 5 miliardi e 400 milioni di euro), mentre per il Jsf – l’Italia ne vorrebbe acquistare 131, in parte assemblati nell’aeroporto di Cameri (No), dove il 4 novembre si è svolta una manifestazione promossa dalla rete Disarmiamoli – verranno spesi oltre 100 milioni di euro (ma i costi del programma, che durerà non meno di 40 anni, potrebbero raggiungere cifre al momento imprevedibili). Poi ci sono 155 milioni di euro per le navi da guerra Fremm (Fregata europea multisessione) e 20 milioni di euro per altri sistemi di difesa.
Si tratta – soprattutto l’Eurofighetr e il Jsf – di programmi di lunghissima durata, di costo spropositato e viziati da un poco noto conflitto di interessi: infatti molte aziende armiere italiane sono guidate da ex generali che fino a qualche anno fa erano ai vertici della Difesa; in quella veste proponevano e sostenevano i progetti di riarmo che, approvati dai governi, ora vengono realizzati da quelle stesse aziende di cui sono presidenti o consiglieri di amministrazione. Come, per esempio, l'ammiraglio Guido Venturoni, Capo di Stato maggiore della Marina dal 1992 al 1993 e della Difesa dal 1994 al 1999, e ora membro del Cda di Finmeccanica e presidente di Selex Communications (gruppo Finmeccanica: si occupa di sistemi per le telecomunicazioni militari); il generale Mario Arpino, Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica dal 1995 al 1999 e della Difesa dal 1999 al 2001, attualmente presidente della Vitrociset (sistemi aerospaziali, radar e telecomunicazioni); l'ammiraglio Umberto Guarnieri, Capo di Stato Maggiore della Marina dal 1998 al 2001, adesso presidente di Orizzonte Sistemi Navali (gruppo Finmeccanica: si occupa di unità navali militari); il generale Sandro Ferracuti, capo di Stato maggiore dell'Aeronautica dal 2001 al 2004, ora presidente di Ams (gruppo Finmeccanica: si occupa di radar e apparati elettronici militari); l'ammiraglio Marcello De Donno, capo di Stato maggiore della Marina dal 2001 al 2004, attualmente presidente di Agusta (gruppo Finmeccanica: costruisce elicotteri); e il generale Giulio Fraticelli, capo di Stato Maggiore dell'Esercito dal 2003 al 2005, adesso presidente della Oto Melara (gruppo Finmeccanica: produce artiglierie navali), fra l’altro in palese violazione della legge 185/90 che vieta ai generali di assumere incarichi dirigenziali nelle industrie armiere se non sono trascorsi almeno tre anni dal loro congedo.
L’unico taglio degno di nota – segnala il rapporto di Sbilanciamoci – arriva dalla riduzione dei tribunali militari che passano da nove a tre, con il conseguente trasferimento di 50 magistrati alla Magistratura ordinaria e un risparmio di 848 milioni di euro nel 2008 (e poco più di 2.800 milioni nei due anni successivi). Risparmi che però, come si è visto, sono stati abbondantemente assorbiti dalla crescita delle spese in tutti gli altri comparti