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E’ partita la nuova corsa agli armamenti

Stefano Vergine
Fonte: IFG Online - 29 aprile 2009

Se l’importanza di una nazione si valuta con la sua forza militare, Cina e India sono già entrate a pieno titolo nell’alveo delle potenze mondiali. A dimostrarlo sono i dati pubblicati nell’ultimo rapporto del Sipri (Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace) che ha monitorato il commercio di armi a livello mondiale dal 2004 al 2008. I ricercatori dell’ente svedese hanno registrato un aumento del 21% nel commercio di sistemi militari rispetto al quinquennio precedente, quando il mercato aveva toccato il livello più basso dal 1960. La crescita è da attribuire sopratutto alla domanda proveniente dall’Asia. "Cina e India sono i primi importatori al mondo – ha spiegato Paul Holtom, analista del Sipri e direttore del gruppo di ricercatori che ha condotto lo studio - Negli ultimi anni questi due paesi hanno acquistato prevalentemente navi e aerei da combattimento, una dinamica che risponde alla crescente proiezione internazionale dei due paesi e, in concreto, alla esigenza fondamentale di proteggere quelle rotte energetiche e commerciali essenziali per il loro sviluppo economico". India e Cina hanno contribuito insieme al 18% delle importazioni mondiali, acquistando rispettivamente dall’estero il 7% e l’11% di armi.

Se India e Cina comprano, la Russia vende. Mosca è stato il principale fornitore dei due giganti asiatici nell’ultimo quinquennio, con un aumento dell’esportazioni su scala mondiale del 14%. Ma la situazione, secondo il Sipri, è destinata a cambiare. Analizzando i dati degli ultimi cinque anni si nota che tra il 2007 e il 2008 la Cina ha intrapreso una nuova strategia. Pechino ha iniziato a ridurre la sua dipendenza dalle forniture straniere, puntando maggiormente sulla produzione domestica. "La Russia non ha ricevuto alcun ordine rilevante da Pechino negli ultimi due anni", ha spiegato Holtom. In più ci sono le dichiarazioni di diversi ufficiali dell’esercito cinese, che negli ultimi mesi hanno fatto intuire che la Repubblica Popolare è pronta a dare il via alla produzione di portaerei militari, elementi fondamentali (e costosi) per l’arsenale di qualsiasi nazione. Rispetto agli Usa, la Cina continua spendere infinitamente meno nel settore militare: nel 2007 Pechino ha investito 44 miliardi di euro, contro i 416 messi a disposizione dagli americani. Ma la strategia militare del Dragone sta mutando, e l’incidente avvenuto il mese scorso nelle acque del Mar Cinese del Sud, quando cinque navi cinesi impedirono il passaggio ad un imbarcazione statunitense, sintetizza il nuovo atteggiamento di Pechino, decisamente più aggressivo rispetto al passato. La difesa dei propri confini non è l’unico obiettivo: attraverso la strategia del "filo di perle" (una serie di porti, basi militari e depositi disseminati nel Pacifico), la Cina sta infatti cercando di aumentare la sua influenza sui paesi della zona, allarmando al contempo la confinante India.

Ma la crescente richiesta di armi proveniente da Est non dipende solo da India e Cina: le importazioni sono infatti aumentate anche in Medio Oriente. Dal 2004 al 2008 Israele ha raddoppiato i suoi acquisti rispetto al quinquennio precedente, comprando (tra l’altro) 102 F-16 I di produzione statunitense. Protagonisti del mercato anche gli Emirati Arabi Uniti, terzi al mondo nell’importazioni di armi dopo l’acquisto di 80 F-16 E e di 50 Mirage 2000-9 di produzione francese. Secondo Paul Holtom, analisti del Sipri, "questi dati vanno letti in relazione alla sfida lanciata dall’Iran nella regione e alla disponibilità finanziaria dovuta ai prezzi del petrolio", materia prima di cui gli Emirati Arabi Uniti hanno grande disponibilità e il cui costo, prima della crisi, aveva raggiunto livelli da record (147 $ al barile a luglio 2008). Aumenti significativi sono stati registrati anche da paesi coinvolti in conflitti bellici, tra cui Georgia, Pakistan e Sri Lanka. Una delle poche conferme arriva dagli Stati Uniti, che restano i primi esportatori di sistemi militari al mondo (31%). La maggior parte delle armi prodotte made in Usa (37%) è finita proprio in Medio Oriente.

Note: Articolo al link http://www.ifgonline.it/pub/146/show.jsp?id=4590&iso=1&is=146
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