L’Italia continua ad esportare armi leggere in assoluta mancanza di trasparenza
Non solo l'Italia è il secondo esportatore mondiale di armi leggere e di piccolo calibro, ma tra i paesi che maggiormente si forniscono di armi "made in Italy" figurano Etiopia, Filippine, Israele, Thailandia. Ancora una volta i dati del rapporto Small Arms Survey fanno capire che le autorizzazioni all'esportazione dall'Italia di queste cosiddette "piccole armi" non sono così rigorose come le nostre leggi richiederebbero. E come il buon senso in un mercato così delicato e in cui siamo tanto protagonisti richiederebbe: in questo modo rischiamo di essere uno dei paesi che maggiormente fomentano conflitti nel mondo. Anche la trasparenza sulle informazioni fornite dalle nostre amministrazioni lascia molto a desiderare visto che il centro indipendente di ricerca di Ginevra nel giro di un anno ha declassato l'Italia dal secondo al dodicesimo posto.
E’ questo il punto centrale della denuncia che la Rete Italiana per il Disarmo avanza alla conoscenza di Governo ed opinione pubblica a commento del rapporto "Small Arms Survey 2009" redatto del Centro indipendente di ricerca del Graduate Institute of International Studies di Ginevra presentato nei giorni scorsi nella città elvetica.
Gli Stati Uniti continuano ad essere il leader indiscusso nel commercio globale legale di "small arms and light weapons" (cioè le armi leggere - vedi dopo la definizione) avendo esportato nel 2006 ben 643 milioni di dollari di questo tipo di armi. Ma l'Italia - con 434 milioni di dollari di esportazioni - figura al secondo posto precedendo ampiamente la Germania (307 milioni di dollari), il Brasile (166 milioni) e l'Austria (152 milioni). E se è vero che tra i principali acquirenti delle armi italiane vi sono nazioni del mondo occidentale come Stati Uniti, Francia, Spagna, Regno Unito e Germania, il rapporto dell'istituto di ricerca ginevrino segnala anche che Etiopia, Filippine, Israele, Thailandia annoverano l'Italia come uno dei loro cinque principali fornitori.
Va ricordato inoltre come le armi piccole abbiano per loro natura un prezzo più contenuto rispetto ai grossi sistemi d’arma, per cui un giro d’affari di milioni di dollari (per confronto si pensi che i sistemi d’arma vengono venduti per miliardi di dollari) significa molte armi che possono finire in molte mani, spesso in maniera incontrollata nelle zone di conflitto.
"Sebbene i dati elaborati dal centro di ricerca di Ginevra siano - per loro stesso riconoscimento - carenti in quanto non tutti gli stati forniscono all'Onu informazioni complete o adeguate, per quanto riguarda l'Italia le cifre segnalate nel rapporto sulle esportazioni di "piccole armi" sono abbastanza attendibil, semmai al ribasso" - afferma Giorgio Beretta, analista dell'Osservatorio sul commercio di armi (Os.C.Ar.) di Ires Toscana membro di Rete Disramo. "Dall'accurato database dell'Istat si apprende, ad esempio, che negli ultimi tre anni le esportazioni di queste armi e munizioni sono fortemente aumentate passando dai 670 milioni di euro del 2006, ai quasi 744 milioni del 2007 agli oltre 861 milioni di euro del 2008: e stiamo parlando, prevalentemente di armi da fuoco ad uso sportivo, da caccia, o per la difesa personale, non militari" - conclude Beretta.
L’eccellenza italiana è nota da tempo in tale settore. “Il primato dell’industria italiana delle armi leggere conferma inoltre il ruolo di primissimo piano del distretto armiero bresciano - afferma Carlo Tombola coordinatore scientifico di OPAL (Osservatorio Permanente Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa) di Brescia - a cui si deve in gran parte questo primato. E’ urgente che produttori e autorità tengano conto che l’immagine di qualità delle armi italiane è incompatibile con la scarsissima trasparenza dei dati ufficiali, soprattutto per ciò che riguarda l’export di armi cosiddette “civili e sportive” verso paesi dove vengono quotidianamente calpestati i diritti umani”.
Un tema importante, quello dell’impatto delle piccola armi sui diritti umani e lo sviluppo delle popolazioni mondiali, come ricordato da Riccardo Troisi di Pax Christi: "Questi dati confermano l’ipocrisia dei paesi ricchi, che da una parte alimentano il commercio di armi leggere, con i danni che questo produce soprattutto nei paesi del Sud del mondo, dall’altra fanno dichiarazioni sempre puntualmente disattese per combattere la povertà ed aiutare i tanti paesi ridotti in miseria dall’attuale sistema economico. I costi stimati ogni anno per i danni prodotti dalle armi leggere sono infatti, secondo la rete mondiale IANSA, di oltre 163 miliardi di dollari. E sono i più poveri a subirne l’impatto più brutale, tanto che le armi possono essere considerate una delle cause strutturali che alimentano la povertà".
Tutti questi dati preoccupano fortemente la Rete Italiana per il Disarmo, soprattutto per il ruolo di primo piano che evidentemente il nostro paese svolge in questo tipo di commercio. “E’ importante arrivare ad alti standard di controllo e di regolamentazione del mercato italiano (interno e soprattutto estero) delle armi leggere - conclude Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo - qualcosa che già esiste nella nostra legislazione per quanto riguarda i grossi sistemi d’arma. Anche perché, nonostante una raccomandazione UE in tal senso, il nostro paese è uno dei pochi a non disporre di una legge sull’intermediazione e il cosiddetto brokeraggio di armi (cioè il ruolo dei trafficanti e dei venditori) che ovviamente è molto più facile e possiede impatti molto più negativi proprio nel campo delle piccole armi.
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SCHEDA TECNICA
Le armi piccole o leggere sono definite come le armi che è possibile trasportare in due persone; ciò fa comprendere nella definizione un’ampia gamma di oggetti: dalla pistola al lanciarazzi.
Da tempo si è compreso come le armi cosiddette leggere siano le “vere armi di distruzione di massa” (l’affermazione è del precedente Segretario dell’ONU Kofi Annan) responsabili di almeno un morto al minuto ogni anno nel mondo. Su questo tema si è mossa la campagna di coalizione mondiale Control Arms (di cui Rete Disarmo è la colonna italiana) che continua a chiedere la stipula in sede ONU di un Trattato Internazionale sui Trasferimenti di armi che possa scrivere regole certe e comuni sul commercio di queste armi tanto deleterie. L’iter di discussione del Trattato è attualmente in corso nelle Nazioni Unite.
I principali dati dello 'Small Arms Survey 2009' - www.smallarmssurvey.org
I dati analizzati dal centro indipendente di ricerca del Graduate Institute of International Studies di Ginevra si basano principalmente sul 'UN Commodity Trade Statistics Database (UN Comtrade), il database delle Nazioni Unite che riporta i dati doganali forniti volontariamente da molti - ma non da tutti - gli stati. Per quanto riguarda le "armi piccole e leggere alcuni rilevanti esportatori mondiali come Israele, Bielorussia, Iran, Corea del Nord e Sudafrica non riportano dati sufficienti, mentre Cina e Russia non forniscono informazioni adeguate. Il rapporto dell'istituto tiene perciò conto solo dei dati forniti all'Onu da 53 paesi.
A. Commercio mondiale di "small arms"
1. Tra il 2000 ed il 2006 il commercio mondiale legale di "armi piccole e leggere" (small arms and light weapons) è aumentato del 28% con un incremento pari a 653 milioni di dollari.
2. Nel 2006 in commercio mondiale ha raggiunto la cifra di 2,97 miliardi di dollari, ma secondo altre stime analizzate avrebbe superato i 4 miliardi di dollari.
3. Solo per le sole (pistole e fucili) nel 2006 il commercio mondial legal è stato di almeno 1,58 miliardi di dollari.
4. Nel 2006 i maggiori esportatori mondiali di "armi piccole e leggere" sono stati (valori in dollari): Stati Uniti (643 milioni), Italia (434 milioni, Germania (307 milioni), il Brasile (166 milioni) e l'Austria (152 milioni), Belgio, Regno Unito, Giappone, Canada, Svizzera, Spagna, Russia, Repubblica Ceca, Francia e Turchia. Questi primi 15 paesi esportatori nell'insieme nel settennio 2000-6 raggiungono l'83% di tutte le esportazioni internazionali di "armi piccole e leggere" di ogni tipologia riportate dal database dell'Onu.
5. Nel 2006 i primi 15 paesi importatori di "armi piccole e leggere" sono stati: Stati Uniti (886 milioni di dollari), l'Arabia Saudita, Cipro, Germania, Francia, Regno Unito, Canada, Corea del Sud, Australia, Italia, Giappone, Spagna, Paesi Bassi, Grecia e Belgio.
B. Circa l'Italia
1. L'Italia nel 2006 ha esportato "armi leggere e di piccolo calibro" per 434 milioni di dollari:
2. I cinque principali aquirenti sono stati: Stati Uniti, Francia, Spagna, Regno Unito e Germania.
3. Le tipologie di armi esportate dal nostro paese ricoprono un ampio raggio in cui, in ordine di importanza, figurano "pistole sportive e da caccia", "caricatori per pistole", "revolver e pistole" (ad uso civile, non sportivo nè militare), "fucili sportivi e da caccia", oltre a parti accessori e munizioni. Secondo il rapporto sarebbero di misura minore le esportazioni italiane di "armi militari"
4. Con oltre 345 milioni di dollari di esportazioni, nel 2006 l'Italia è stata il principale esportatore internazionale di "pistole e fucili da caccia" mentre nel settennio 2000-6 con una media annuale di quasi 190 milioni di dollari ha ricoperto da sola più il 51% delle esportazioni di questi sistemi d'arma.
5. Il "Barometro 2009" sulla trasparenza dell'informazione degli stati sull'esportazione di "armi leggere e di piccolo calibro" messo a punto dall'Istituto di Ginevra, fa scendere l'Italia al dodicesimo posto (era seconda nel 2008) preceduta anche da Slovacchia, Romania e Serbia.
6. A penalizzare l'Italia nella nuova classificazione è soprattutto il basso livello di "licences refused", che valuta se uno stato "specifica o no i paesi ai quali sono state rifiutate esportazioni, offre una spiegazione dei rifiuti emanati e informa sul tipo, valore e quantità del sistema d'arma per il quale sono stati emanati i rifiuti".
7. Positiva, invece, è per "tempestività" l'informazione fornita all'Onu dal nostro paese.
Il rapporto di 'Small Arms Survey 2009' di quest'anno, oltre all'aggiornamento dei dati sul commercio internazionale di armi leggere e di piccolo calibro dedica i successivi capitoli al "controllo dell'export di armi leggere ad uso militare" (cap. 2), alla tracciabilità della provenienza delle armi durante e dopo un conflitto (cap. 3), al programma di azione dell'Onu verso il Trattato sul commercio di armi (cap. 4), alle diverse sfaccettature delle operazioni di disarmo di armi leggere (cap.5), all'impatto della violenza armata su bambini e giovani (cap. 6), alla promozione della sicurezza e della pace nelle aree di post-conflitto (cap. 7) e ad alcuni casi di 'disarmo, smobilitazione e reintegrazione' come nell'Aceh (cap. 8) e in Afghanistan (cap. 9) e alla percezione della sicurezza nel Sud del Libano (cap. 10).
Ricordiamo che il centro di ricerca OPAL di Brescia ha recentemente pubblicato il secondo annuario sulle armi leggere dal titolo "Armi un'occasione da perdere" su cui si possono trovare informazioni a partire dal sito internet di OPAL.
Allegati
- Il comunicato in PDF (148 Kb - Formato pdf)Rete Italiana per il Disarmo - Fonte: Rete Italiana per il DisarmoIl comunicato in PDFIl documento è in formato PDF, un formato universale: può essere letto da ogni computer con il lettore gratuito "Acrobat Reader". Per salvare il documento cliccare sul link del titolo con il tasto destro del mouse e selezionare il comando "Salva oggetto con nome" (PC), oppure cliccare tenendo premuto Ctrl + tasto Mela e scegliere "Salva collegamento come" (Mac).