Acquisto armamenti: dal 2008 ad oggi spesi oltre 18 miliardi di euro
In poco più di tre anni e mezzo l’ex Ministro della difesa del governo Berlusconi IV, Ignazio La Russa, ha speso 18.666.570.000 euro in armamenti. Infatti, sono ben 31 i programmi pluriennali, targati Stato Maggiore dello Difesa, che sono stati avviati dal 2008 fino allo scorso mese di ottobre e che prevedono l'acquisto di sistemi d’arma d’ogni tipo, dagli ormai famosi 131 caccia multiruolo Joint Strike Fighter ai siluro pesante per sommergibili U-212°, dalle munizioni e bombe intelligenti ai sistemi di addestramento per le truppe terrestri.
L’ultimo regalo dello “sgommatissimo” governo alle industrie belliche vale appena 507 milioni di euro, tutti da pagare nel triennio 2012 – 2014, e ci consentirà di acquistare 702 mezzi di vario tipo e alcuni sistemi d’allarme fantascientifici che forse resteranno inutilizzati nei depositi per mancanza di fondi da destinare alla manutenzione e all'addestramento del personale. Questi programmi di acquisizione sono tutti rimodulabili e la logica vorrebbe che fossero rivisti in base alle reali necessità e all’effettiva capacita di sostenibilità della spesa, che oggi è assai esigua se non inesistente.
La voce di un numero sempre maggiore di cittadini chiede insistentemente, ora al Presidente del Consiglio Monti, di avviare una concreta riduzione delle spese destinate agli armamenti e nel contempo di promuovere in sede europea una iniziativa per la creazione di un esercito comune europeo con funzioni e organizzazione subordinate ai principi dell’Unione, secondo una logica di maggiore razionalizzazione delle risorse singole e collettive. Chi ascolta - Monti - adesso dovrà dimostrare di aver recepito queste richieste anche se con la recente nomina dei due sottosegretari di Stato alla difesa sembra proprio che vi sia una concreta volontà di non abbandonare le scelte fino ad oggi fatte in tema di politica industriale della difesa.
Ma vediamo cosa finirà nei depositi militari, quali saranno gli armamenti che dall’inizio di questa drammatica legislatura sono stati acquistati con i soldi degli italiani. Iniziamo dal pacchetto dei cinque programmi che il 3 novembre del 2008 sono stati presentati nei due rami del Parlamento dal Ministro della difesa (ora ex) La Russa con la richiesta di espressione del parere ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 4 ottobre 1988, n. 436.
Con una spesa complessiva di 2.004 milioni di euro che le tasche dei cittadini dovranno sostenere fino al 2018 il carrello della spesa nel supermercato degli armamenti ha permesso al ministro della difesa dell'epoca (La Russa) di portarsi a casa:
- quattro sistemi Tactical unmanned vehicles (TUAV) per esigenze dell'Esercito con lo scopo di assicurare ai Comandanti dei Reparti dislocati nei diversi teatri operativi il reperimento, in tempi rapidi, di informazioni utili per le loro attività. Costo 80 milioni di euro;
- sedici elicotteri da trasporto medio dell'Esercito con lo scopo
di sostituire gli elicotteri Chinook CH-47C, attualmente in servizio, con nuovi elicotteri da trasporto medio in possesso di maggiori capacità operative e in linea con i moderni scenari operativi. Costo 850 milioni di euro;
- 500 small diameter bomb per il velivolo Tornado. Secondo la relazione del programma sono destinate a sostituire definitivamente armamenti di tipo cluster di cui l'Italia ha deciso di disfarsi e, non solo saranno integrate sul velivolo Tornado, ma in futuro rappresenteranno l'armamento principale del velivolo Joint stright fighter (JSF) e verranno integrate sul velivolo Eurofighter. Probabilmente sono già state tutte utilizzate nel corso della guerra il Libia. Costo 84 milioni di euro;
- 12 elicotteri, più tre in opzione, nel ruolo CSAR (Combat search and rescue) e di supporto alle operazioni speciali, destinati alla sostituzione degli elicotteri HH3F dell'Aeronautica militare. Costo 630 milioni di euro;
- 4 velivoli per il pattugliamento marittimo di lungo raggio, destinati alla sostituzione dei Breguet BR Atlantic. Costo 360 milioni di euro.
Il 2009 invece si è caratterizzato come l’anno più ricco per le industrie belliche. Tutti hanno aperto le porte al carrello della spesa dei famelici generali del Ministro della difesa che ha fatto finire sui tavoli delle Commissioni parlamentari ben 14 programmi pluriennali di acquisizione di armamenti, ottenendo ovviamente su tutti, manco a dirlo, il “parere favorevole”. Insomma tutti contenti di aver saziato gli appetiti delle industrie dei portaborse e dei tanti faccendieri e procacciatori d’affari che smessa la divisa per limiti d’età hanno continuato a vestire i panni dei consulenti o di amministratori di grandi aziende, anche partecipate.
L’Italia nel 2009 ha fatto un balzo in avanti nella corsa per posizionarsi tra i paesi più spendaccioni in fatto di armi. Una impennata nella spesa militare che a molti ha dato l’impressione di uno Stato che se da un lato spende enormi cifre di denaro pubblico per le missioni di pace - con cui poi cura interessi politici ed economici, non solo dell’Italia -, dall’altro sembra in procinto di prepararsi a combattere il 3° conflitto mondiale. Nelle casse delle industrie della galassia del gruppo Finmeccanica, ed altre, finiranno fino al 2026 qualcosa come 15.221,7702 milioni di euro circa.
Questa montagna di soldi però è nella maggior parte destinata a finanziare il programma più costoso in assoluto della storia repubblicana: il contestatissimo Programma pluriennale di A/R n. SMD 02/2009, relativo all'acquisizione del sistema d'arma Joint Strike Fighter e realizzazione dell'associata linea FACO/MRO&U (Final assembly and check out/Maintenance, repair, overhaul&upgrade) nazionale; 131 caccia JSF per 17.363 milioni di dollari che equivalgono al cambio attuale a 12.964,2402 milioni di euro.
Il programma per il JSF, nella sua megalomania, prevede anche la realizzazione della FACO/MRO&U che – come si legge nella relazione tecnica - consentirà, «l’incremento per il nostro Paese, del know-how relativo alle nuove tecnologie, con particolare riferimento alle caratteristiche stealth (bassa osservabilità) del velivolo e la struttura potrà successivamente divenire il nucleo europeo del Supporto globale logistico autonomo (ALGS) del programma JSF, offrendo ulteriori possibilità di espansione all’industria nazionale della difesa.».
La scheda riporta una previsione di 600 posti di lavoro (nella fase apicale) impiegati all’interno della struttura industriale che dovrebbe aggiungersi a una spinta occupazionale generale del programma (in aziende locali e nazionali) quantificata, secondo una stima industriale, in circa 10.000 posti di lavoro. Sulla questione si è poi sviluppato un acceso dibattito che ha visto l’aeroporto militare di Cameri al centro di particolari appetiti della politica locale e nazionale.
Ma non è tutto perché spendere quasi 13 miliardi di euro per acquistare 131 aeroplani da guerra che forse con i continui tagli di bilancio,che ci sono stati e con quelli che verranno, secondo alcuni rappresenta pure il vero affare. Infatti, sempre la solita scheda del programma prevede che le attività svolte nel centro FACO/MRO&U determineranno un incremento di 450 milioni di euro del PIL nel periodo 2009-2025. Non c’è che dire un vero affare per le tasche degli italiani che per i prossimi 16 anni si sono impegnati a spendere 1,1 miliardi all’anno.
Tolto il JSF, rispetto agli anni dal 2008 al 2011 quello del 2009 è stato comunque l’anno delle grandi spese e il budget di 2257,53 milioni di euro ha permesso ai patiti delle nuove tecnologiche di acquistare armi sofisticatissime da un mercato che non soffre la crisi e che vorrebbe portare l’Italia a primeggiare nei War games del futuro.