No ai fondi UE per industria armi: agisci con noi!
Nei giorni scorsi la Commissione Ue ha proposto destinare circa 500 milioni di euro all’anno dal budget Ue alla Ricerca e lo sviluppo al settore bellico e delle tecnologie militari. Questo denaro non sarà quindi destinato ad altri settori come lo sviluppo sostenibile e la tutela dell’ambiente: una manovra che è lo specchio delle intenzioni della lobby europea dell’industria bellica. La guerra di solito non è un buon affare, se non proprio per la stessa industria bellica.
Tra qualche giorno i i governi degli Stati membri si incontreranno per discutere i vari aspetti del piano. La decisione finale rimane ai ministri. La buona notizia è che la proposta è allo stadio iniziale e abbiamo la possibilità di bloccarla sul nascere!
Vogliamo contattare il Presidente del Consiglio Ue e l’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, protagonisti dell’imminente summit e dobbiamo essere sicuri che capiscano che i cittadini europei si aspettano che la proposta della Commissione venga rifiutata. Hai voglia di di unirti a noi e aiutarci a raccogliere 200.000 firme per fermarli?
L’industria bellica è particolare, perché trae profitto dal conflitto e dalla guerra. Almeno cinque paesi Ue hanno venduto armi e munizioni a quattro paesi coinvolti nel conflitto in Siria dal 2012. La proposta della Commissione mira a potenziare le capacità di questi Stati di esportare armi sofisticate, finanziate con il denaro di chi paga le tasse. L’Ue non dovrebbe trattare in maniera privilegiata questo tipo di industria.
Eppure la Commissione si sta muovendo in questo senso. I finanziamenti al settore bellico dovrebbero provenire dai “risparmi” del budget Ue - risparmi che potrebbero invece essere investiti per sostenere programmi poco finanziati come quelli legati alla tutela dei diritti umani. Potenziare la militarizzazione a scapito dei diritti umani e della risoluzione di conflitti: questa non è l’Europa di pace che vogliamo costruire.
Molti pacifisti in Europa e decine di organizzazioni si sono mobilitate in particolare all'interno della rete ENAAT e con la campagna "No EU money for the arms industry". Ma hanno bisogno di noi, di migliaia di noi, per essere sicuri di essere ascoltati e dare un grande sostegno a chi lotta in nome della pace.